Recentemente, si è registrata una tendenza crescente di resistenza contro i funzionari pubblici, in particolare nel campo della sicurezza e dell’ordine stradale, con caratteristiche sempre più aggressive e violente.

Non si limita più a semplici insulti o spinte ordinarie; si sono ora verificati atti che prevedono l’uso di veicoli o lo spingere funzionari in situazioni potenzialmente letali (come guidare frontalmente contro di loro, spingerli davanti a un camion…).

Data questa realtà, identificare correttamente la natura di tali atti per un trattamento giuridico accurato non è solo un requisito della scienza del diritto penale, ma anche un’esigenza urgente nella pratica giudiziaria, per garantire deterrenza e prevenzione del crimine.

Da Infrazioni Amministrative a Segni di Reati Particolarmente Gravi

Nella scienza del diritto penale e nella vita reale, il confine tra reati che violano la vita, la salute, la dignità e reati che violano l’ordine amministrativo è a volte definito da poche circostanze specifiche nell’atto oggettivo.

Tipicamente, quando un trasgressore stradale mostra inosservanza, lotta, spinge, resiste… per fuggire o commette altri atti per ostacolare, l’organo procedurale spesso considera l’incriminazione per il reato di “Resistenza a Pubblico Ufficiale” ai sensi dell’articolo 330 del Codice Penale.

L’oggetto di questo reato è l’ordine della gestione amministrativa, in particolare il corretto funzionamento degli organi statali.

Il reo commette l’atto con lo scopo di ostacolare l’esecuzione dei doveri, e soggettivamente, di solito non intende causare lesioni gravi o la morte del funzionario.

Tuttavia, quando l’atto di resistenza supera i limiti dell’ordinario e contiene il potenziale di mettere direttamente in pericolo la vita umana, la natura giuridica del caso cambia completamente.

Un esempio tipico è l’atto di usare la forza (spingere, calciare) per spostare un funzionario davanti a un’auto o un camion in movimento; a questo punto, il veicolo non è più solo prova di un’infrazione amministrativa, ma diventa una “fonte di pericolo ad alto rischio”.

Costringere un’altra persona in quella fonte di pericolo dimostra una mentalità soggettiva diversa, che richiede agli operatori del diritto di considerarla dalla prospettiva dei reati contro la vita, in particolare il reato di “Omicidio” ai sensi dell’articolo 123 del Codice Penale.

Quando un adulto competente usa la forza per spingere un’altra persona davanti a un camion, deve essere consapevole che tale azione potrebbe causare alla vittima di essere schiacciata a morte o subire lesioni gravi.

Anche se in fondo non desidera la morte della vittima (lo scopo principale è fuggire), ha accettato il rischio di quel risultato per raggiungere il suo obiettivo. Questa “accettazione” o “disprezzo temerario” è proprio il segno distintivo del reato di “Omicidio” con dolo eventuale.

Pratica Giudiziaria e il Cambiamento nelle Tendenze di Condanna dei Tribunali

Nell’ultimo decennio circa, osservando la pratica giudiziaria in Vietnam, si può vedere un cambiamento forte e decisivo nella prospettiva degli organi procedurali (agenzie investigative, procura, tribunali) riguardo a questo gruppo di atti.

In precedenza, casi simili erano spesso gestiti come “Resistenza a Pubblico Ufficiale” (con una pena massima di 7 anni di reclusione) o “Lesioni Personali Dolose”.

Tuttavia, riconoscendo la natura sempre più grave e le conseguenze imprevedibili di questi atti, la Corte Suprema Popolare e il Settore Giudiziario Centrale hanno emesso linee guida e precedenti per standardizzare le tendenze di condanna verso una punizione severa.

Precedenti e casi tipici: La pratica giudiziaria ha registrato molte sentenze in cui imputati che hanno investito agenti di polizia stradale o hanno speronato i veicoli delle forze dell’ordine sono stati condannati per “Omicidio” (spesso nella fase di tentativo se la vittima è stata fortunatamente sopravvissuta), con circostanze aggravanti come: Omicidio di una persona in servizio o a causa dei doveri della vittima (Lettera d, Comma 1, Articolo 123); Avere natura teppistica (Lettera n, Comma 1, Articolo 123).

Le corti in questi casi spesso argomentano che: L’imputato era consapevole che il veicolo era una fonte di pericolo, e investire una persona in servizio è un atto capace di togliere la vita. La sopravvivenza della vittima è stata dovuta alla fortuna o a un tempestivo intervento medico, fattori al di fuori dell’intento soggettivo dell’imputato.

Pertanto, per l’atto di “spingere un